Complesso Monastico di San Pietro Martire
Carlo II d’Angiò volendo donare, ai frati predicatori Domenicani, una nuova basilica (aveva già donato l’antica Chiesa di San Michele a Morfisa), diede l’incarico di far costruire la Chiesa ed il Convento dedicati a San Pietro Martire, i cui lavori ebbero inizio nel 1294. Il luogo dove fu fondato il complesso era chiamato “della calcaria” perché nella zona, allora ricca di vicoli e assai vicina al mare, vi era una gran quantità di fornaci per la calce.
L’aspetto tardo settecentesco che ancor oggi caratterizza l’interno della Chiesa, si deve ai lavori del 1755 dell’architetto Giuseppe Astarita che si avvalse dello stuccatore Giuseppe Scarola per ricoprire interamente la navata e la crociera con stucchi monocromi di gusto marcatamente rococò. L’interno a croce latina, presenta oggi 12 cappelle laterali sull’unica navata e due grandi cappelloni all’altezza del transetto.
Notevoli sono le decorazioni dell’altare e della cona, entrambi realizzate da Salomone Rapi, mentre la balaustra è del Lazzari. La chiesa custodisce opere di Fabrizio Santafede, Giovanni Bernardino Azzolino, Girolamo Imparato, Andrea Falcone, Francesco Solimena, Giacomo del Pò, Giovanni da Nola, Giovanni e Pacio Bertini.
Nel 1943 il complesso monastico fu danneggiato a causa dei bombardamenti, ma nel 1953 fu restaurato e un ulteriore restauro avvenne tra il 1978 e il 1983 sotto la direzione dell’ingegnere De Stefano, che riportò alla luce il primitivo impianto rinascimentale.
Nel 2021 giunge al termine un lungo intervento di restauro, finanziato da fondi europei nell’ambito del “Progetto Unesco per il Centro Storico di Napoli”.
Oggi, la Chiesa di San Pietro Martire riapre alle visite guidate con l’Associazione Culturale Respiriamo Arte.